Nike e Federer, una storia già vista?

Ecco la fine dell’estate, ecco New York, ecco Flushing Meadows. Come si è preparata Nike per questo ultimo appuntamento annuale? Beh, il mondo osserva attento Federer, Nike lo sa…

Era il 20 gennaio di quest’anno quando scrivevamo dello “stereogrammatico” abbigliamento di Federer a Melbourne; lo svizzero aveva appena battuto Tomas Berdych annichilendolo in tre set, “spiandolo” tra un punto e l’altro guardare incredulo verso il suo angolo – al tempo incarnato da Goran Ivanisevic – quasi a dire: “cosa posso fare?”. Goran sorrideva nervoso senza una vera e propria risposta. Federer e quello strano outfit parevano indomabili: 6-2 6-4 6-4 in un’ora e mezza di gioco.

Quella t-shirt, inizialmente criticata perché troppo “aggressiva” per la classe di Roger, è diventata ormai un’icona, l’emblema della resurrezione, della vittoria di quella finale dell’Australian Open in rimonta contro Nadal – Federer, al quinto set sotto 3-1, ha poi vinto 6-3 – delle vittorie nei Masters 1000 di Indian Wells e Miami – vincendo altre due volte contro il rivale di sempre. Nike aveva ragione perché Nike sa il fatto suo, quella maglia è entrata ormai a far parte della storia perché c’è un punto, una linea sottile – non ci stanchiamo di ripeterlo – dove finisce l’atleta e comincia il suo abbigliamento.

Roger era così risorto. Quando il mondo si era appisolato sul divano ripensando ai bei tempi davanti a un tennis ormai ripetitivo lui calava l’asso, anzi un tris d’assi che gli garantiva il piatto, l’ennesimo, di inizio stagione. Prima stereogrammi bianchi poi verdi ma, rispettando la “proprietà commutativa”, il cambiamento dell’ordine degli addendi… non aveva modificato il risultato.

Poi Wimbledon, dove non c’è spazio alla creatività. L’unica volta che Nike aveva osato un arancione di troppo: multa e cambio immediato della suola delle scarpe dei “suoi” tennisti. Il bianco, come ogni anno, l’ha fatta da padrone e Roger per l’ottava volta ha alzato il trofeo al cielo londinese. Prima il 18 sembrava un miraggio, ora siamo a 19 e, paradossalmente ma neanche troppo, il 20 pare lì che attende solo di essere toccato. Nike lo sa.

Certo, Nike sa anche questo e secondo voi si farà trovare impreparata? Abbiamo tre opzioni di una risposta chiusa: A) si B) forse C) assolutamente no. La risposta corretta, inutile dirlo, è la C. Ma come si è preparata? Pare voglia ritornare alla formula vincente di inizio anno: “stupisci che verrai stupito!” L’outfit di Federer è sfumato: rosso di giorno e nero di notte. Il rosso e il nero delle spalle sfumano all’altezza del petto ritornando convinti nei pantaloncini associati, in ogni caso, alle calzature rosse con lo “swoosh” grigio.

Ancora una volta le scelte del colosso americano sembrano distaccarsi dalla classicità delle linee che generalmente accompagnano lo svizzero per lasciare un segno indelebile come a dire: “io c’ero!”. Intanto, sui campi di New York, Federer pare aver fugato i dubbi sulle sue condizioni fisiche, ha faticato contro Tiafoe e Youzhny ma ha convinto contro Lopez e Kohlschreiber; ora tra lui e la semifinale – con Nadal, Rublev permettendo – c’è solo Delpo, quel Delpo che lo aveva battuto nella finale del 2009, lo stesso autore dell’incredibile rimonta, agli ottavi di finale, contro Dominic Thiem.

 

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