Wimbledon: Di Shapovalov e di juniores perduti

Denis Shapovalov era il campione juniores del 2016: come per molti altri l'impatto con i professionisti vuol dire sconfitta al primo turno l'anno seguente. Finirà come loro? Quanti sono quelli che si son persi?

Ha vissuto momenti peggiori, quest’anno, Denis Shapovalov.

Di un momento di rabbia e di una pallina scagliata involontariamente contro l’arbitro e un match perso, in coppa Davis, una delle prime volte, la responsabilità.

Ha vissuto però anche momenti migliori lo scorso Wimbledon: campione juniores dopo aver battuto in finale l’australiano Alex De Minaur nel 2016, in un anno catapultato in un mondo più grande di lui, contro un gigante che non ha mostrato troppa furbizia in questi anni, malgrado un potenziale non indifferente.

Jerzy Janowicz però ha i colpi e anche quel minimo di esperienza per sfruttare l’erba a suo favore: semifinalista a Wimbledon nel 2013, non ha mai saputo andare oltre questo traguardo, con una postilla del suo coach a spiegare perché: “Non mi ascolta, inutile allenarlo”.

Shapovalov pare essersi ripreso dall’infelice episodio in Davis di febbraio, gioca bene anche se ancora non ha compreso la difficoltà di giocare troppo dietro su una superficie come questa e se tra i ragazzini questo non conta, tra i grandicelli può fare la differenza.

Sperando che lui si salvi dal baratro in cui si trovano tanti di quelli che hanno vinto Wimbledon da juniores e poi scomparsi in qualche limbo compreso tra insoddisfazione e tornei minori; solo 4 di 66 vincitori del torneo giovanile hanno poi rivinto Wimbledon da professionisti e sono 9 oggi gli ex campioncini presenti nel tabellone principale: oltre a Federer anche Mahut, Monfils, Dimitrov, Chardy, Young, Kuznetsov, Fucsovics, oltre al già citato Shapovalov.

Non figura invece Gianluigi Quinzi, che aspettiamo tutti da troppo tempo e che ha invece perso al primo turno delle qualificazioni londinesi contro Garin in due set.

Ricordiamo anche nel 2011 Saville (il fidanzato di Gavrilova, aka il sosia di Andreas Seppi), Peliwo l’anno seguente (e canadese come Shapovalov), Noah Rubin (non ancora entrato in top 150) e Opelka, un ragazzone americano che a meno tu non sia Karlovic o Isner guardi dal basso.

La sconfitta di oggi non vuol certo dire “meteora”, l’allarme però è scattato: per fare il passo decisivo Shapovalov non deve accontentarsi; dei teloni di fondo campo, di quello di cui è capace, di esserci e basta.

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