Il tennis italiano a Roma? Lontano, come i suoi “non giovani”

Lunedì di sole sconfitte per azzurri e azzurre al Masters 1000 di Roma. I "vecchi" non ce la fanno più, e sulle "speranze" pare esserci un problema, forse più di uno, di fondo...

Così vicini, così lontani. Il tennis azzurro a Roma è sostanzialmente questo. Dentro, terribilmente dentro, con l’atmosfera,  la bellezza del Foro Italico, della Capitale, con quell’aria frizzantina e quasi birichina, caciarone nel termine buono del termine, che solo qui si respira, e la porchetta, la carbonara e la gricia e così via. Distanti, anni luce, quando si scende in campo. Lì, allo stato attuale, siamo a livello “ecatombe”, per utilizzare una parola che piace e che sintetizza discretamente il tutto. Tutte sconfitte, semplicemente. Dagli “anziani”, Seppi ed Errani, ai “giovani”, Mager, Napolitano e Chiesa. Spazzati via, battuti tutti con relativa facilità, chi più chi meno. È una sorpresa? Ovviamente no, sono mesi (anni…?) che la situazione è questa e sarà questa, se non peggiore, per parecchio tempo. Fognini a parte, magari anche Lorenzi, Giorgi quando le va di giocare e non litiga con la Fit, il resto è tendente all’inesistente a certi livelli.

I nostri “grandi vecchi” a volte fanno ancora qualche exploit (vedi Schiavone a Bogotà), poi basta. Li vedi lì, le varie wild card o arrivati dalle prequali, sono bravi, puliti, tutto quello che vuoi, ma è proprio tangibile che non sono pronti a questi livelli e chissà se lo saranno mai, e in caso vai a sapere quanto tempo passerà. Mager, Napolitano e la Chiesa dovevano essere a questo punto non ora, ma 2 anni fa almeno. Lì sì che, forse, si poteva lavorare, sperare in qualcosa, e nemmeno era sicuro. Mager, povero, stava pure vincendo, ma i crampi gli hanno tagliato le gambe. Peccato, avremmo parlato quantomeno di una bella storia.  Berrettini, 21 anni, domenica ha fatto 4 game con Fognini. E tutti gli hanno fatto i complimenti per il futuro. Detto che è bravo, perché incensarlo dopo aver ricevuto una lezione?

Ci si confonde poi, probabilmente anche in maniera “voluta”, sul concetto di giovane speranza, di giovane in generale. Nel tennis, a 22 anni, sei certamente ad inizio carriera, ma chi vede questo sport da un bel po’ di tempo non può ignorare o non vedere che chi promette sul serio a quell’età è già quantomeno dentro i primi 50 del mondo, va risultati negli slam e nei 1000. Poi certo, ci sono i fenomeni che a quell’età vincono gli slam o sono in top 10 o a ridosso, ma parliamo di gente lontana anni luce dai prodotti azzurri attuali.

Quindi, non lasciamoci ingannare o illudere dalla carta d’identità, perché se è vero che noi italiani “maturiamo dopo”, è anche vero che senza andare nemmeno troppo lontano, i vari Fognini e Seppi e Pennetta e Schiavone a quell’età lasciavano presagire cose ben più promettenti. E con tutto il rispetto per gente che ci ha regalato davvero tante soddisfazioni, non stiamo parlando di Federer, Nadal, Djokovic, Serena Williams e compagnia bella. Dunque, cerchiamo di sfatare il “mito giovani”, e rendiamoci conto che la realtà è questa.

Sì, vero, probabilmente siamo estremamente noiosi a sottolineare sempre queste cose. Disfattisti, pessimisti, cattivi. Ripetitivi senza dubbio. Forse, pero’, è oggettivamente difficile vedere oltre tutto questo. Si risponde a queste considerazioni dicendo che ci godiamo, che vogliamo male a questo o quell’altro, che non siamo costruttivi. Come se a tutti noi farebbe schifo vedere e avere tanti baldi giovani crescere e lottare contro i più forti. Credete sul serio che a chiunque faccia parte di questo mondo, e magari ci vive pure, non farebbe piacere avere un azzurro non dico ai livelli di Fab Four, ma quantomeno, che so,  un Berdych, un Raonic, uno Tsonga?

Il tennis italiano, attualmente, somiglia in maniera minore alla nazionale italiana in Sudafrica nel 2010. Venivamo dal trionfo del 2006, dove tanti fenomeni che erano al culmine della propria carriera. Quattro anni dopo ci siamo ritrovati con i resti di una generazione di campioni che campioni non erano più e di una generazione di giovanotti che campioni non lo sono, di fatto, diventati mai, con qualche eccezione certo, ma il calcio è una cosa un po’ diversa: lì conta anche la “squadra”, nel tennis sei solo. E questo, anche in “giovane età”, è meglio che lo si capisca subito.

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