4 Maggio 2014: Elena Baltacha muore a soli 30 anni

Un tumore al fegato pone fine alla vita della tennista britannica di origini ucraine Elena Baltacha, una carriera condivisa con la malattia e con una forte volontà di giocare oltre la malattia. La ricordiamo con un'intervista concessa nel 2010.

Il tumore al fegato le era stato diagnosticato a gennaio 2014, quando ormai trentenne aveva deciso da un paio di mesi di appendere la racchetta al chiodo, per dedicarsi alla accademia giovanile di tennis che aveva fondato a Ipswich e mettere su famiglia con il suo coach Nino Severino. Nata in Ucraina nell’agosto del 1983, Elena si era trasferita con la sua famiglia – padre calciatore e madre con un passato da eptatleta nella nazionale sovietica – in Gran Bretagna a soli 6 anni e ne aveva preso la cittadinanza. E fedele alla corona si è sviluppata la sua carriera, una carriera apparentemente poco incensata (11 titoli tutti nel circuito ITF, numero 1 di Gran Bretagna per più anni ma mai oltre la posizione 49 nel ranking), ma un personale trionfo considerando la malattia con la quale ha dovuto convivere in giro con il circo rosa del tennis.

Una malattia cronica al fegato che aveva cominciato a tormentarla nel 2002, dopo aver raggiunto, ancora diciottenne, un promettente terzo turno sui prati di Wimbledon. Per ricordarla riportiamo l’estratto di un’articolo con una sua intervista concessa all’apice della sua carriera, a giugno 2010, la stagione in cui raggiunse ancora un terzo turno nello Slam (agli Australian Open), riportò le prime e uniche vittorie contro top ten (Na Li e Francesca Schiavone) ed era ad un passo dal varcare la soglia delle prime cinquanta del mondo (traguardo che raggiunse poi a settembre dello stesso anno).

“Improvvisamente mi accorsi di non avere nemmeno le forze per alzarmi dal letto al mattino. Non riuscivo ad allenarmi a dovere ma non avevo idea di cosa stesse accadendo. Non avevo problemi con l’alimentazione e a malapena toccavo gli alcolici. Feci ogni tipo di esame e il risultato era sempre negativo, mi asportarono finanche le tonsille. Ad un certo punto si pensò ad una reazione agli antibiotici e fu anche ipotizzata la varicella a causa di un’eruzione cutanea”.

Nel frattempo Elena fu sottoposta a due biopsie al fegato per cercare la causa dei suoi problemi. Uno specialista sentenziò con una forma nascosta di alcolismo “Beve più di George Best”. Finché un anno dopo le fu diagnosticata la colangite sclerosante, una patologia cronica al fegato: sei mesi di riposo forzato e nessuna garanzia di poter tornare a giocare.

“Piansi tanto per giorni” – prosegue nel suo racconto Elena – “stavo giocando bene e le persone sottolineavano il mio talento. E avevo pensato fosse il mio momento. Quando scoprii la malattia al fegato andai nel panico. È terribile quando ti presentano la possibilità che tutto ciò per cui ti sei impegnata potrebbe esserti tolto.”

Elena, forte della convinzione che con la determinazione e con un salutare stile di vita sarebbe potuta tornare a giocare, si ripresentò in campo nel 2004  per ricominciare la sua scalata dalla posizione numero 400 in classifica, prima di essere fermata nuovamente, questa volta per un problema congenito alla schiena. “Era così doloroso che non potevo né camminare né dormire. Consultai tantissimi specialisti prima di decidere se sottopormi ad un intervento. Sapevo che sarebbe stato molto rischioso.” Nel 2006 andò sotto i ferri, consapevole che la sua carriera era in discussione e passarono nove mesi prima di riprendere in mano una racchetta. “Ricordo che volevo mollare tutto ma il mio coach mi convinse a riprovarci”.

E adesso che ha raggiunto il suo il numero 52 deve essergli grata per il suo ottimismo e così commenta il suo miglior momento della carriera: “Il problema al fegato è sempre lì ma lo tengo lontano dai miei pensieri. Mi hanno detto che c’è il 50 di possibilità che sfoci in un ittero e per questo devo sottopormi a trattamenti medici quotidiani. Passo 35 settimane in giro per tornei e devo portare una valigia di medicine. Di recente sono rimasta bloccata in Sud Africa per una nube di cenere vulcanica e le mie scorte sono finite. Per fortuna sono riuscita a rimediare una prescrizione medica che mi aspettava alla mia destinazione successiva, a Roma. Non ho mai usato la mia salute come scusa. Non ho mai perso un incontro per problemi fisici. In qualche modo tutto questo mi ha aiutata a trovare un altro livello di forza mentale. Sono diventata ambasciatrice della Fondazione per le Disfunzioni Epatiche nei Bambini e voglio mostrare che una malattia al fegato non deve porre fine ai tuoi sogni. Con duro lavoro e desiderio ardente puoi comunque farcela.”

 

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