Un traduttore all’Australian Open

L'Australian Open raccontato dalla sala stampa. Domandare sarà anche lecito ma a volte rispondere è davvero superfluo...

Il primo slam dell’anno è finito, lasciando dietro di sé tanti ricordi tennistici a disposizione degli appassionati e dei tifosi. Questo Australian Open, forse, ancora più degli altri e le ragioni sono evidenti su tutti i giornali e le televisioni. Finalmente in redazione si tira un po’ il fiato dopo quindici giorni di partite realmente frenetici e si ha modo di rivedere alcuni particolari divertenti che ci hanno accompagnato in questo tempo. Durante un major la quantità di notizie e curiosità si moltiplica in maniera esponenziale, l’attenzione del pubblico è altissima, a dimostrazione di come quei quattro tornei siano un altro pianeta rispetto a tutto il resto. Un particolare non poco rilevante sono le interviste dei giocatori che, proprio per l’elevatissima attenzione degli appassionati, diventano, insieme alle cronache dei match, il piatto forte dei lettori. Siamo nell’era della comunicazione istantanea, tutti vogliono sapere in tempo reale cosa hanno detto i propri beniamini in relazione a vittorie e sconfitte o particolari episodi sul campo. I giocatori sono immagine, anche attraverso le loro parole. Per questo si lavora a tappe forzate, per tradurre il più velocemente possibile le loro conferenze stampa e accontentare il pubblico. Spesso, però, in questa corsa alla dichiarazione, dove il giornalista sa che la religione del tifoso è di credere al tennista (purtroppo è una parafrasi di Masini, sì), si dimentica che sempre di una partita di tennis si tratta. Allora capita che lo sventurato interrogante, alla ricerca della domanda originale, d’effetto, anche solo perché il suo turno arriva quando le più ovvie sono già state snocciolate, dimenticando magari che di fronte c’è un giocatore, o giocatrice, che arriva da quattro ore di corsa a quaranta gradi, magari perdendo al set decisivo per un break, incappi in una colossale gaffe o riesca a irritare a dismisura l’atleta. Il risultato sono situazioni comiche o d’imbarazzo che saltano agli occhi del traduttore in maniera lampante, quasi si fosse lì, in sala stampa. Ne abbiamo selezionate alcune, per sorridere con voi, per prenderci anche in giro, perché le domande le facciamo anche noi, scordando a volte che sono tennisti e non il Dalai Lama. Ed ecco che il primo ad essere nominato in questa nostra playlist non può che essere il finalista spagnolo, Rafael Nadal, che dopo aver annullato ogni pronostico che lo vedeva sconfitto ed essere ritornato nel circuito dopo un lungo stop, tutto si aspettava tranne che questa domanda: “Quando sei sul mare, più o meno da solo, rifletti su cosa hai ottenuto come giovane persona? Pensi al tennis?”
Nadal risponde: “Cosa vuoi dire?” (Immaginate la faccia perplessa dello spagnolo)

C’è poi chi arriva a pensare che forse i giocatori abbiano a disposizione dei medici con conoscenze farmaceutiche fuori dal comune. È il caso di Milos Raonic che, avendo giocato un paio di turni con l’influenza, si è trovato a rispondere a questa domanda: “Stai prendendo qualcosa?” “Tutto ciò che posso” “Cioè?” “Ibuprofene, paracetamolo, qualcosa per proteggere lo stomaco” “Anche lo stomaco?” “Beh devo proteggerlo se prendo quelle medicine (ride)”. Quindi anche Raonic si cura come noi ed è soggetto ad acidità se assume antipiretici, è umano, ora è sicuro.
Il giornalista, non pago, convinto forse che nei due giorni di riposo Milos avesse trovato qualche rimedio miracoloso, gli chiede dopo la partita successiva: “Prendi ancora medicine?” “Sì” “Le stesse che ci hai già detto?” Sì”. Anche per Raonic le cure non cambiano.

Talvolta ci sono situazioni in cui sarebbe meglio tacere, ad esempio con Serena, dopo che si è cavata d’impaccio in una giornata difficile sotto il sole cocente. Ma l’americana non è certo l’ultima arrivata e ha personalità da vendere.
“È sembrata una prestazione altalenante. Un po’ troppi errori non forzati. Qualche doppio fallo…”
“Penso che tu stia dicendo una cosa molto negativa. Sei serio?”
“È una mia osservazione”
“Bene, avresti dovuto essere là fuori. Non era affatto semplice sai? Dovresti scusarti.”
“Va bene, scusa”
“Grazie”
Della serie, coda tra le gambe e via.

Per lo Slam più caldo dell’anno, poi, non si poteva tralasciare la tematica ‘temperatura in campo’ ed i dubbi legittimi su come comportarsi. Chi non vorrebbe allenarsi di più con 50° fuori, perché poi, ovviamente, ci si abitua? La domanda è stata posta a Andy Murray, il quale ha risposto: “Non è che si possa fare molto per questo. Qui le partite di giorno possono essere molto dure, brutali, ma ci devi convivere.” Incalzato su una domanda molto simile, più schietto Novak Djokovic: “Non conosco un giocatore a cui piaccia giocare con 35°/40°. È lo stesso per tutti, non è facile ovviamente.”

L’estate australiana deve essere davvero torrida, così anche Simona Halep si trova ad affrontare il tema, mescolando temperature e costumi: “Qual è la temperatura a casa tua a Natale?” “Meno 20” “Hai passato il Natale ad Adelaide, che differenza c’è tra un Natale in Romania e in Australia?”
“Molte differenze. Qui stavano in infradito in piscina. In Romania si fa una cena formale, vestiti eleganti. Tutti sono vestiti eleganti. Non devi muoverti molto. Qui ho fatto un Natale davvero diverso. Divertente, in pantaloncini. C’è grossa differenza tra le due situazioni.” (Il tutto era inimmaginabile)

Bisogna dare credito anche ai giornalisti comunque, anche loro possono essere stanchi dopo ore di tennis, caldo, pezzi da scrivere; quindi può capitare che l’attenzione in sala stampa cali vistosamente, creando questa situazione, durante un’intervista a Raonic: “Perché hai cambiato allenatore scegliendo Krajicek? Il canadese risponde, articolato, esponendo le ragioni…domanda successiva: “Perché hai aggiunto Krajicek al tuo team?” Milos: “È la stessa domanda!”

Roger Federer, si sa, nel tennis tutto muove, dopo i sei mesi di stop ancora di più, ma forse nessuno di voi è a conoscenza delle sue capacità di grafico e uomo marketing. Infatti durante un’intervista spunta questa domanda: “Ti piace il nuovo logo degli Australian Open?” Lui sorridendo risponde: “È okay”. L’avrebbero cambiato se avesse detto “è orribile”?

Sicuramente ci sono anche i novizi del mestiere, qualcuno che non conosce neanche i Fab Four, almeno così viene da pensare quando, leggendo delle domande a Nadal, trovi questo: “Posso chiederti dei tuoi cerotti alle dita? Sono per le vesciche? Quanto è doloroso giocare senza?” Rafa: “No, la verità è che se mi hai mai visto giocare, li uso da tanti anni, no? Non è una cosa nuova per me. […] Ho deciso molti anni fa di usarli tutti i giorni quando gioco. Quindi non ho dolore.” L’intervistatore, non pago: “Quindi non ne hai più del solito? Sempre gli stessi?” Nadal: “Sì, sempre”

E poi ci sono quelli che non conoscono le regole non scritte: insomma mai chiedere ad un tennista del proprio peso forma! “Si è stabilizzato il tuo peso?” Bernard Tomic: “Non risponderò a questa domanda”.

Non è facile comunque raccontare uno Slam, questo è certo, e non è facile nutrire l’insaziabile voglia di curiosità dei tifosi e appassionati, questo è evidente. Giusto sorriderci su, perché di tennis si tratta e lo sport deve portare anche allegria, non deve mai perdere il suo carattere di gioco, perché uno dei suoi splendidi lati è quello di distrarci un po’ dalla cruda realtà di tutti i giorni. Continuate a sorridere quindi, il diario del traduttore non finisce qui.

Matteo De Laurentis e Francesca Padoin

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