Grazie Roger, grazie Rafa

Per chi fa il mestiere di giornalista, i signori di Basilea e Manacor sono gemme preziose che non puoi far altro che ammirare ancora e ancora.

Ricordi di bambino innamorato della sua Maxima De Luxe avuta in dono per il compleanno da papà Michele e mamma Rita e portata a compimento d’opera prima sotto casa, sotto il muro del signor Francesco e poi, attraversata la strada, nei campi comunali in terra battuta all’interno del parco. Ricordi in bianco e nero, con Vincenzo il sarto a ritagliarti uno spazio in quello sport, tanto sconosciuto, quanto amato. Privo di ogni sorta di pubblicità gratuita, se non quel pullman, nel mese di maggio, utile a farti inghiottirti la “vecchia” Pontina in un amen pur di farti abbracciare quel mondo, materializzatosi un attimo dopo sul campo delle statue. Il barattolo delle Pirelli bianche è un qualcosa che arriva dopo, da abbattere agli angoli delle linee del servizio, per portare a casa il poster di Jimmy Connors.

Ricordi in bianco e nero di una passione nata per caso e diventata professione, sottoforma di inchiostro, abile a macchiarti le dita con la vecchia Olivetti ed oggi a ricordarti, vista che la fatica è minima, che i Signori di Basilea e Manacor, sono quanto di più prezioso potevi avere in dono, tu che ora, da spettatore non paganti, riconosci la tua scrittura soltanto nel loro ondeggiare con un attrezzo, ben diverso da quella Maxima De Luxe, in mano. Sui campi di tutto il mondo e ben venga. Sui campi in cemento, come in erba e in terra battuta, che hanno domato a meraviglia. Di giorno e di notte, al calare delle tenebre come sotto il sole che li ha baciati meravigliosi. Lo ha fatto qualcuno? In tanti, ma lo faccio anche io. Grazie di cuore a Roger Federer e a Rafael Nadal.

Per la loro voglia innata di ridere e piangere pagando il prezzo della popolarità, ma con la fede di chi non l’ha mai abbandonata, nemmeno di fronte ad una carta d’identità, mai triste, attenzione, nell’essere mostrata ad ogni richiesta più o meno ufficiale. Grazie a due campioni meravigliosi, che hanno segnato un’epoca, che soltanto ritornando a giocare una finale, hanno bloccato il tempo, cancellando di colpo tutto il resto del copione sportivo. Fatto di vittorie, pareggi e sconfitte. Di dubbi e polemiche, di urla e imprecazioni, di frasi scontate e di prassi maledettamente noiose. Grazie Roger e grazie Rafael. Nomi importanti di uomini veri. Belli, semplici, umani, al di là del loro volteggiare con quel maledetto o, se volete, benedetto attrezzo in mano: la racchetta da tennis. Perchè loro giocano a tennis, sono il tennis, lo rappresentano da tempo e vorremmo tanto che non dimenticassero mai, nemmeno un giorno di molti anni avanti, quando sulle spiagge spagnole sorrideranno come due vecchietti dopo una marachella stile “Amici Miei” davanti ad una bella bibita. Ricordando il presente di oggi. fatto di gesti bianchi, limpidi come l’umanità che li ha accompagnati sino all’ennesima finale di uno Slam, dopo mesi di dubbi atroci e dolori infiniti.

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