21 gennaio 2013: Djokovic batte Wawrinka in un match stellare

Contro ogni pronostico, Novak Djokovic e Stan Wawrinka danno vita a uno dei match più spettacolari e intensi degli ultimi anni, battagliando per oltre cinque ore sulla Rod Laver Arena.

Il 21 gennaio 2013 l’edizione numero 101 dell’Australian Open comincia a entrare nel vivo. Sulla Rod Laver Arena Agnieszka Radwanska ha inaugurato la sessione serale battendo facilmente Ana Ivanovic e ora tocca a Novak Djokovic e Stan Wawrinka concludere in bellezza, in quello che però sembra un confronto senza storia.

Djokovic è il numero 1 del mondo, saldamente al comando e consapevole di essere il dominatore del circuito ATP, ancora più forte sui campi di Melbourne dove non perde da due anni. Wawrinka invece si presenta come numero 17 della classifica, agli ottavi è giunto vincendo senza problemi i suoi primi tre incontri ma il pronostico appare comunque a senso unico e i precedenti non sono incoraggianti: 11-2 in favore del serbo, con le uniche vittorie dello svizzero arrivate quando Nole era poco più che un bambino.

Ci si aspetta l’ennesimo assolo di Djokovic, l’ennesima pratica da sbrigare, invece è proprio quella sera che Stan Wawrinka mette in gioco tutte le sue carte, antipasto di ciò che combinerà un anno dopo proprio a Melbourne. Lo svizzero gioca una partita sontuosa, con un mix di classe e potenza che mette in seria difficoltà il numero 1 del mondo. Per cinque ore e due minuti il pubblico della Rod Laver Arena viene deliziato da una battaglia straordinaria: alla fine, un passante chirurgico di rovescio di Novak fissa il punteggio sul 1-6 7-5 6-4 6-7(5) 12-10 che promuove il serbo ai quarti.

Come da copione, Djokovic finirà per vincere il torneo per la terza volta di fila senza più rischiare nulla; Wawrinka invece scoppierà in lacrime negli spogliatoi, ma in quella lunga infinita nottata ha finalmente preso coscienza del suo incredibile potenziale. La sua stagione continuerà su livelli altissimi e un anno dopo si prenderà la più dolce delle rivincite. Ma questa è un’altra storia.

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