US Open / Halep trema ma si salva: superata al fotofinish un'ottima Babos

TENNIS – Di Diego Barbiani

US OPEN. Simona Halep si salva da quella che sarebbe stata, visti anche i suoi 2 match precedenti nel torneo, la sorpresa più grande dello US Open versione femminile.

La rumena ha superato 6-1 2-6 6-4 Timea Babos, trentunesima favorita del seeding, e vola ai quarti di finale dove affronterà un’ispirata Carla Suarez Navarro, che ancora oggi ha avuto poca difficoltà ad ottenere la vittoria con un netto 6-4 6-3 ai danni di Elena Vesnina.

La n.5 del mondo, inserita nel quarto di finale di Serena Williams, stava ripetendo le prove del primo turno e del secondo dove aveva concesso 2 game a Kristen Flipkens e 7 a Lucie Safarova. Un 6-1 dall’ottimo livello di gioco, precisione, geometrie… Tutte le qualità di cui possiede e fa sfoggio quando è veramente in forma come le sta capitando da Wimbledon. Gioco profondo, ordinato, pulito ma tremendamente efficace contro un’ungherese che non ci stava capendo granché.

Poi il buio, le difficoltà enormi nel tenere un singolo game di battuta, e Babos che ha progressivamente abbandonato i timori ed ha cominciato a spingere con molto più controllo e potenza, aumentando vertiginosamente i giri del suo motore.

Un black out, per la rumena, che si è trasformato in 7 game persi su 8 dall’1-1 del secondo set fino al 2-0 nel terzo. Ed anche quando aveva mostrato segnali di ripresa, il leit motiv del match era diverso: non era lei a spingere, ma Babos che coi piedi ben dentro la linea di campo faceva il bello ed il cattivo tempo, dimostrando per l’ennesima volta tutti gli enormi progressi del suo 2016 che l’ha vista iniziare l’anno oltre le prime 80 del mondo e che da lunedì prossimo sarà tranquillamente tra le prime 30. Tante belle vittorie contro avversarie di primo livello come Karolina Pliskova, Dominika Cibulkova, Sabine Lisicki, Venus Williams, pure Roberta Vinci andò a 2 passi dall’eliminazione nei quarti di finale a San Pietroburgo, e con lei anche Angelique Kerber che dovette sudare più di 2 ore e mezza a Miami.

Mai aveva vinto una partita a Flushing Meadows, quest anno è arrivata al 3° turno ed a condurre 3-1 al terzo sulla n.5 al mondo. Sarebbe stata la sua prima vittoria contro una top-5, ma il game del 3-2 ha avuto qualcosa di diabolico. Halep correva a destra ed a sinistra nel tentativo di ributtare la palla di là, ma la fatica fisica era tanta ed al termine di ogni punto si piegava su se stessa, sentiva dolore nelle gambe. Eppure ha vinto 3 scambi enormi nell’economia del match: nessun vincente, ma di puro sacrificio, compreso un lob da 3 metri dietro la linea di fondo, in totale allungo.

Non era ancora tempo di pronunciare la parola fine sul match, ma dal 3-3 si è avuto un equilibrio a tratti sorprendente, molto teso e spettacolare. C’erano errori, alcuni grossolani, ma nel complesso le soluzioni che Babos, soprattutto, trovava per darsi ancora una chance erano molto più apprezzate del gioco perlopiù di rimessa della sua avversaria. 4 palle break salvate nell’ottavo game, di cui 2 con due rovesci da applausi, non hanno comunque portato a buon fine. E’ mancata d nervi quando pochi minuti dopo è stata lei ad avere le chance per andare al servizio per il match: 2 palle break consecutive di cui soprattutto sulla seconda deve recriminare per non aver messo in campo il servizio al corpo, ma non così efficace, di Halep. Lo stesso scenario, nell’ultimo turno di battuta. Babos ancora con 2 chance consecutive di vincere il game, ma con il braccio che ha tremato. Altri 2 errori di dritto e la frittata sul match point, con un doppio fallo bruttissimo e che forse la terrà senza sonno questa notte. 

Halep oggi ha usato il jolly per venir fuori da questa situazione così difficile e che l’ha messa a durissima prova dopo 2 match molto tranquilli. E’ sempre la favorita per un posto contro, verosimilmente, Serena Williams nei quarti, ma da oggi non sono più ammesse distrazioni. Banale dirlo, ma è così, e pure quello sguardo leggermente alzato al cielo dopo il doppio errore dell’ungherese stava ad indicare quanta sofferenza per un match cominciato nel migliore dei modi e che all’imporvviso è diventato un Everest da scalare a mani nude.

 

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