Coppa Davis / Ancora loro, ancora epici, e stavolta esulta Del Potro! Murray distrutto dopo 5 ore, Argentina 1-0 sulla Gran Bretagna

TENNIS – Di Diego Barbiani

GLASGOW. Ancora loro, incredibili, ancora da applausi, e stavolta è Juan Martin Del Potro a firmare il capolavoro battendo Andy Murray nella vittoria che segna, sottolinea, ricalca il suo rientro tra i più grandi del tennis contemporaneo.

6-4 5-7 6-7(5) 6-3 6-4 il punteggio che premia il campione di Tandil, che torna a vincere un match al 5° set e porta la sua Argentina avanti 1-0 sulla Gran Bretagna nella prima sfida della semifinale della Coppa Davis 2016. Prima, sì, ma dal peso specifico incalcolabile perché questi 2 giocatori, in condizioni normali, avrebbero dovuto affrontarsi la domenica nel primo singolare, quello che spetta ai rispettivi n.1 delle 2 nazionali. Eppure quando Del Potro è in caso, in questi mesi, non si può dire di condizioni normali ripensando a quanto deve avere sofferto negli ultimi anni. 

Nel 2012, e questo non va mai dimenticato, non riuscì a scendere in campo nella terza ed ultima giornata della semifinale che l’Argentina, in casa, perse dalla Repubblica Ceca. Venne attaccato da più parti, perchè basta seguire un match dell’albiceleste in Coppa Davis per accorgersi come quel pubblico sia inimitabile in tutto il mondo per calore, affetto e furore. Poi anche loro capirono che se il loro giocatore più rappresentativo, quel giorno, non aveva voluto scendere in campo per difendere i colori della maglia argentina non fu per scarso impegno, ma c’erano dietro guai seri e che fino a metà del 2016 lo avrebbero messo sul cornicione della carriera: in bilico tra il sentirsi ancora un giocatore vero e cedere alle intemperie, alla sfortuna, alla sorte che lo prendeva a schiaffi giorno dopo giorno.

Ora, in poco più di un mese, ha superato Novak Djokovic, Rafael Nadal ed Andy Murray. Wimbledon si impose anche su Stan Wawrinka, completando il cerchio della rinascita ed arrivando, ancora una volta, alle lacrime. Niente di più comprensibile, però, perché dopo tante delusioni cocenti, sconfitte in match maratona, questa vittoria vale oro colato. L’ultima vittoria al 5° set la conquistò ormai 7 anni fa, all’Australian Open 2010, un 10-8 a James Blake a cui seguì la prima di 7 sconfitte al set decisivo (sulla lunga distanza) contro Marin Cilic. Ad elencare le occasioni mancate, le partite sfuggite sul filo di lana, ci si potrebbe perdere. A memoria vengono subito in mente: il 19-17 contro Roger Federer alle Olimpiadi, il 7-6 contro Novak Djokovic al terzo set nella finale di Shanghai (entrambe però al 3° set), o quella dolorosissima contro Roberto Bautista Agut all’Australian Open 2014 che lo riportò nell’oblio da cui non ne uscì senza 2 interventi chirurgici, prima di un 3° nel 2015, ma anche la stessa finale delle Olimpiadi di Rio di un mese fa, quando ancora una volta lui e Murray arrivarono allo stremo delle forze ma fu il britannico ad aggiudicarsi la medaglia d’oro. Ora questo successo, che segue i 2 tie-break vinti contro Djokovic e le tre ore e mezza di battaglia contro Nadal (7-6 al terzo). Sembra quasi che il destino, a piccoli passi, si stia decidendo a restituirgli quanto per anni gli ha sottratto con grande crudeltà.

Voleva questa vittoria come nessun altra cosa al mondo ed è riuscito in un terreno che per lui non era più congeniale. E’ calato fisicamente, ma in confronto ad un mostro come Murray era impossibile non aspettarsi uno sviluppo del genere. A quel punto è subentrato il cuore, un cuore infinito, e la partita è diventata veramente palpitante. Fatale allo scozzese un quarto set dove si è rilassato un po’ troppo, ma per vincere il 2° ed il 3° parziale ha speso tantissimo.

L’argentino nel primo set ha servito in maniera spaziale, mancando qualcosa solo nel primo turno di battuta e poi martellando su quel rettangolo 20 prime su 23 per un 6-4 che ha comunque avuto il suo peso, nell’economia di un match così duro. Perderlo, come accaduto in Brasile, rendeva l’impresa un vero Everest. Non è cambiato granché, perché Murray è bravissimo nel gestire i momenti di difficoltà ed oggi dal servizio ha avuto una mano terrificante fino alla fine: 35 ace messi a segno, un dato che nella sua carriera ha visto ben poche volte. Ha messo il cuore, ad un certo punto, per portare a casa questo primo punto della serie che coi minuti che scorrevano diventava sempre più importante. Alla sua nazionale manca il secondo doppista e lui domani potrebbe dover essere chiamato in causa. Al di là dei ragionamenti, poi, c’era un fattore che valicava tutti i confini: è morto il nonno paterno, Gordon, e forse quelle rincorse tremende sul penultimo punto del match, dopo oltre 5 ore di gioco, le ha fatte anche per lui.

In tutto questo, viene quasi dimenticato che ci sono stati anche 2 momenti di grande tensione in campo, prima per l’argentino e poi per lo scozzese. Il primo forse è anche il più grave, perché sul set point per Murray (nel secondo set) tutto lo stadio di fede britannica ha urlato per un dritto di Del Potro all’apparenza lungo, in realtà atterrato all’incrocio. Il rumore, molto fastidioso, è andato avanti per altri 5-10 secondi finché il sud-americano non ha messo largo un rovescio, lasciando partire tutta la sua rabbia contro Pascal Maria che con un minimo di sangue freddo in più avrebbe dovuto prendere in mano la situazione e chiamare il punto disturbato. Il secondo è accaduto invece sulla palla del 5-3 Del Potro nel 3° set, quando il suo servizio, per Murray, sarebbe dovuto essere ripetuto per un net che però non è stato ravvisato dal giudice di sedia. “Basta, fai partire il 4° set allora, basta Maria. Stai facendo davvero, davvero male”. 

Quel parziale, poi, riuscirà comunque a rimetterlo in piedi grazie ad un gioiello sul set point avversario: Del Potro ha colpito un back d’attacco con effetto ad uscire, Murray quasi in controtempo è riuscito a giocare un lob straordinario. Quel set è durato un’ora e ventuno minuti, i primi 2 quasi due ore. Dopo circa tre ore e mezza Murray era avanti 2 set a 1 e negli ultimi (quasi) 8 anni aveva perso solo una volta al 5° set da un giocatore che non fosse Djokovic: Kei Nishikori, allo US Open, non più di una settimana fa. Tre set che avrebbero steso chiunque, o quasi, ed invece il canovaccio è stato ribaltato. Anzi, demolito, da un’accelerazione impetuosa di Del Potro sul 3-3 nel set decisivo.

Forse, con un po’ più di analisi, qualcuno parlerà di voleè non chiusa. Ma quel dritto va tirato, in corsa, in un momento di tensione a 1000. Ci voleva qualcuno con un coraggio enorme, chi meglio di Del Potro? Così, dopo un ultimo game da urlo e l’ace che regala il successo più importante della carriera dell’argentino dopo la vittoria allo US Open, è esplosa la marea albiceleste. Non sarà numericamente paragonabile a quella che lo ha abbracciato a Tandil al rientro dalla spedizione olimpica. Non saranno i 20.000 dell’Artur Ashe che nel momento in cui Wawrinka serviva per il match si sono alzati in piedi e gli hanno tributato una commovente standing ovation. Questi tifosi, però, aspettavano da anni che il loro giocatore simbolo potesse tornare a vincere una partita così, con 5 set che forse possono continuare a far volare questa nazionale di Daniel Orsanic partita sempre senza i favori del pronostico e che ora, più che mai, ci crede e comincia a strizzare l’occhio alla finale.

 

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