Ace Cream / Nadal, il fisico sta chiedendo il conto

TENNIS – Dal nostro inviato a Parigi Daniele Azzolini

È la guaina del polso sinistro, mi dicono i colleghi spagnoli, la parte più delicata. E uno di loro sostiene addirittura che già a Miami, sotto il polsino tergisudore, Rafa avesse una fasciatura.

A questo credo poco. Perché bluffare sulla propria salute? Il quadro d’assieme è sin troppo esplicativo così come si presenta, inutile cercare colpe che non vi sono. Il problema di Rafa è serio, e non sta solo lì, nel polso ora coperto da un tutore. Il guaio è in un fisico complessivamente usurato da un tennis senza soste, giocato lancia in resta, con coraggio, ma al prezzo di fatiche immani e di un logorio che prima o poi lo avrebbe costretto a pagare dazio. Per tutta la carriera Rafa ha fatto i conti con i guasti fisici, sin dagli inizi, quando si trovò a saltare i primi appuntamenti importanti una volta per un guaio alla pianta dei piedi, un’altra per colpa dello stomaco o di una spalla indolenzita. Ma quando il fisico è giunto a maturità, Nadal ha dato di sé un’immagine diversa, addirittura opposta: quella di un ragazzo pieno di salute, atletico oltre ogni dire, esplosivo nei colpi e ancor di più nelle rincorse, nei recuperi.

Oggi, durante la conferenza stampa, i lacrimoni a stento trattenuti, i capelli sempre più radi, e il ricordo ben presenti in tutti noi di questi ultimi anni così tribolati, l’immagine che veniva alla mente era quella di un Superman sfigato. È dal 2009 che la serie dei guasti si è allungata a dismisura: infortuni sempre più acuti e sempre più lunghi da risanare. Dopo la sconfitta al Roland Garros di quell’anno, contro Soderling, Rafa si fermò a Wimbledon per l’insorgere di una tendinite al ginocchio. Melbourne 2010 e Miami 2012 furono le successive tappe del calvario. Ancora a Wimbledon, e ancora nel 2012, Rafa annunciò l’inizio di un lungo periodo di sosta e recupero: sul ginocchio sempre minacciato dalla tendinite si era fatta sentire anche una nuova problematica. Sindrome di Hoffa, un guaio localizzato nella parte anteriore della rotula. Ancora problemi dopo Wimbledon 2014, poi l’appendicite a fine anno. Ora il polso sinistro.

Troppi, per pensare che si tratti solo di cattiva sorte. È evidente che il fisico risente di un tennis dispendioso: si sono allungati i periodi di recupero (tutto l’anno scorso, per ritrovare una condizione fisica decente) e ogni qual volta Rafa entra in forma, subito si scatena qualcosa che lo costringe a fermarsi.

L’augurio è che quest’ultimo problema si risolva presto. Addirittura prima di Wimbledon, o prima dei Giochi se non sarà possibile rimetterlo in campo così in fretta. Ma scordiamoci il Rafa degli anni migliori, il Rafa capace di tornare al numero uno (come in qualche intervista lui stesso aveva avallato, speranzoso più che convinto), e magari di vincere nello Slam. Se ha ancora un colpo in canna, se lo giochi al meglio. In questo, lui e Federer sono nella stessa situazione.

Ora Parigi è nelle mani di Djokovic. Rafa lascia il suo posto a Marcel Granollers (ma poteva esserci Fognini, al posto dello spagnolo), e dalla sua parte potrebbe emergere qualche giovane (Thiem, Zverev…). Anche Murray avrà voce in capitolo, ma ha giocato già nove ore in tre partite, e sono molte, forse troppe per pensare di arrivare in fondo con le energie necessarie per fare il colpo.

Con Rafa, se ne va anche quel po’ di interesse intorno a un torneo partito fra mille problemi e incapace di risolverli. La paura degli attentati è ovvia, non anestetizzabile, Parigi ha già subito troppo. E non sono in discussione i controlli, addirittura quadruplicati. Ben vengano se sono utili e se servono a farci stare tutti più tranquilli. Ma le norme di sicurezza, evidentemente, non compongono una scienza esatta, o forse, sono coloro che le applicano a non essere scienziati. Sospendere quei servizi che davano la possibilità di entrare e uscire dall’impianto con una certa facilità, per creare paurosi assembramenti di persone sui viali, o in uscita all’interno della metropolitana di Porte d’Auteuil, non sembra l’idea migliore. Lo si legge sulle facce preoccupate degli appassionati di tennis.

Il torneo sta perdendo spettatori. La pioggia certo non lo ha aiutato. I ritiri di Federer prima e ora di Nadal sanno tanto di colpo di grazia. E non sarà certo una vittoria di Djokovic a cambiare le carte in tavola.

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