Il mondo down-under / Tennisti come rockstar: il caso di Stephane Robert

TENNIS – Dal nostro inviato a Melbourne Diego Barbiani

Più che tennisti, diremmo rockstar. E no, non stiamo parlando di divi da prima pagina, patinati o pieni di soldi grazie a plurimi contratti milionari con qualche sponsor di primo ordine. Nel caso di questa persona bisogna cancellare tutto ciò e scendere tantissimo nel ranking, alla posizione 225.

Accanto, troverete scritto ‘Stephane Robert’. Francese, classe 1980 e professionista dal 2001. E’ entrato nei primi cento solo dieci anni dopo per fare sempre avanti ed indietro, con il suo borsone e quell’atteggiamento da turista. Vedendolo giocare qui a Melbourne la sensazione è quella di avere a che fare con uno raccattato a forza dalla spiaggia di Sant Kilda, magari disturbato mentre stava offrendo da bere a qualche ragazza.

“Ehi, senti, ci serve uno per giocare che tizio ha dato forfait”

“Ma ho solo un costume della Sundek!”

“Sì ma non ti preoccupare, la maglia e la racchetta te le passiamo noi”

Così inizia l’avventura di Robert, in un campo alla periferia dell’impianto in mezzo a pochi esseri umani, forse capitati lì per caso. Chi era a Roma, al Foro Italico, nel 2014 e sarà capitato per caso nei pressi del campo 1 ricorderà una vicenda simile: tempo pochi game e quella che sembrava una partita tra le più anonime della giornata, tra lui ed il colombiano Alejandro Gonzalez, diventerà l’incontro più bello del torneo.

Questo francese a tennis sa lasciare sbalorditi. Zero potenza, solo anticipo e piazzamento del colpo, eppure un tennis spettacolare da vedere che in breve tempo non può non coinvolgere. Tutti movimenti corti, rapidissimi, quasi difficili da vedere. Ed un voler essere diverso che diverte. Ai cambi campo quasi niente acqua, solo Coca Cola.

Vince il primo 6-1, va sotto di due set, trova il guizzo nella lotta serrata del quarto e poi si inventa due punti sul 6-5 30-30: prima un rovescio piazzato stretto, ad uscire, che tutto il pubblico (schierato per lui già da dopo un paio di game) aveva visto fuori e non aveva accennato all’esultanza. Poi l’arbitro ha chiamato il 30-40 ed è partito il boato ed il coro “Robert! Robert! Robert!”, sul punto seguente invece ha ribattuto un’ottima voleè di Ram trovando un passante di rovescio in equilibrio precario, esultando come se fosse effettivamente una rock-star, mimando il gesto della chitarra elettrica ed urlando tutta la sua gioia. Poi, come quel pomeriggio a Roma, ha dato il cinque a tutte le persone assiepate sulle tribune, nel frattempo diventate gremite, urlando alla fine “are you cheering for me?!” (“state tifando per me?!”) ed un nuovo boato dei fan. Avrebbero potuto portarlo via sulla schiena, non erano andati molto lontani dal farlo. Maledetta security.

Oltre a Robert, la grande protagonista della giornata è stata Naomi Osaka. Già ne abbiamo parlato all’interno di un altro articolo, a giornata ancora in corso, ma sono rimaste le geniali, da un punto di vista, risposte date in conferenza stampa.

A vederla giocare su un campo da tennis sembra abbastanza pronta, con un gioco già di alto ritmo e tante ‘botte’ a destra ed a sinistra. I suoi veri punti di “forza”, quelli che la rendono particolare, sono altri: per prima cosa lei non parla giapponese, quindi dovete immaginare al martedì i giornalisti giapponesi costretti a parlarle in inglese di fronte ad una loro connazionale. “Ma lo sto studiando, scusatemi tanto” aveva detto, piuttosto imbarazzata. Oggi, di nuovo, la moderatrice annuncia “Question in english” e già tutti, a maggioranza giapponese, scoppiano a ridere. E’ solo l’inizio.

Sarà una conferenza stampa di circa dieci minuti dove, per quanto il suo essere introverso la porti a non essere eccessivamente loquace, si nota che abbia un lato simpatico del suo carattere.

Commenta le sue stesse frasi (una volta si è fermata ed ha detto “aspetta, ma che sto dicendo?” oppure un’altra “oh, finalmente!” o ancora “sì, questa mi piace”) e lo fa sempre con la stessa faccia da persona in modalità-panda, ovvero lo zen al quadrato.
Queste le sue risposte migliori.

Domanda: Ti ha sorpresa l’atmosfera sugli spalti? Il pubblico era tutto per te.

Risposta: Sì, io penso, penso sempre che a lo.. a… ma che sto dicendo? Ok, ora ci sono: io penso sempre che questi sono sorpresi dal fatto che io sia giapponese. Per cui vederli lì con bandiere giapponesi e tutto quel tifo mi ha davvero toccato.

Domanda: Tu esalti i fan con il tuo gioco, eppure sei sempre molto trattenuta. Anche oggi dopo il successo ti sei molto controllata. Avrai mai qualche gesto di esultanza nel futuro?

Risposta: Oh, ma io lo faccio già. Solo che… Insomma… Non voglio dire che sia pigra (risata, ndr) ma se non lo devo fare per forza, non lo faccio. Sono felice, vi giuro. Solo che la mia faccia è geneticamente così, quindi voi non potete notarlo. Scusatemi (risata, ndr).

Domanda: Molte persone vedono la tua compostezza in campo. Ma dentro di te come sei? E’ tutto così tranquillo?

Risposta: No, assolutamente. Nella mia testa è tutto un “Oh. My. God.” circa nel 90% dei casi. Solo che ogni tanto cerco di sorridere così da non lanciare la racchetta. Oddio, non sono sicura se l’ho lanciata oggi.

Domanda: Quindi sorridere è il tuo modo per evitare un lancio di racchetta?

Risposta: No, no, no. Aspetta, aspetta, aspetta. Ogni tanto sorrido anche mentre la lancio.

Domanda: Non solo giapponesi, ma anche tanti altri tifavano per te. Come mai?

Risposta: Non ne ho idea, scusami. Forse perché loro non hanno bene idea di chi io sia e dunque pensano che nessuno possa tifare per me (risata, ndr). Scusatemi, non lo so proprio. Ho fatto del mio meglio.

Domanda: Tornando sul match di oggi: due anni fa giocasti contro Svitolina ad Osaka. Se non ricordo male tu vincesti il primo set e poi…
Risposta: Non dirlo. Tu stai per dire che io ero 4-1 avanti al terzo set, vero? Oh, aspetta, non l’hai detto? Oh, ok, scusami.

Domanda: E’ facile per te non commettere tanti errori? Nonostante tanti lunghi scambi sei sempre rimasta tranquilla, è così semplice?

Risposta: (risata, ndr) ma va! Quando Le avversarie mi giocano sul dritto io vorrei tirare un vincente. Vorrei farlo, davvero, ma devo metterlo in campo. E’ difficile a quel punto! Io ho il colpo pronto, lo sento, ma devo sforzarmi a metterlo dentro al campo.

Domanda: Hai detto di non ti attendevi di essere al terzo turno, ma come cambiano le tue aspettative ora che ci sei e devi giocare contro una top-15 come Azarenka?

Risposta: Boh, non lo so (risata, ndr). Credo che ci sia qualcosa di male in me (risata, ndr) non provo alcun tipo di emozione. Voglio solo giocare bene.

Domanda: Dopo la partita hai fatto un piccolo inchino. E’ questa la tua parte giapponese?

Risposta: E’ l’unica parte giapponese che ho. L’ho fatto perché c’era tantissima gente che tifava per me, ed ho voluto mostrargli la mia gratitudine.

 

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