US Open: Pennetta, chi ha detto che le ‘bestie nere’ sono brutte?

TENNIS – Di Daniele Azzolini

NEW YORK. Chi ha detto che le bestie nere sono brutte? Un filo di trucco sugli occhi grandi, le gambe nervose sotto il gonnellino ampio che non tutte possono permettersi e il beauty case nella borsa degli attrezzi, sempre a portata d’intervista televisiva, Flavia Pennetta tutto sembra tranne un essere pernicioso, un diavolo della Tasmania o un velenoso mamba, di quelli che avranno abitato gli incubi della piccola Samantha, quando viveva nella fattoria dei genitori in Australia.

Ma la “bete noire”, in fondo, è un concetto, e segna un reale discrimine fra una rivalità sportiva, per quanto rotonda, combattuta e sofferta possa essere, e l’umana accettazione del proprio destino di perdente certificata ma ignara, che finisce per le terre senza sapere un perché. Questo è l’effetto che Flavia fa a Sam Stosur, e c’è poco da fare, salvo da parte nostra rallegrarsene. Perché sono sette le vittorie filate della nostra sulla signorina Down Under, e questa vale anche più delle altre: un posto nei quarti degli Us Open, la sesta volta che l’impresa riesce (e una di queste, nel 2013, fruttò la semifinale), a ribadire come gli Us Open siano lo Slam più amato da Flavia.

Conquista solo all’apparenza facile. Sam è una fighter di razza pura, l’ultima vincitrice del torneo americano prima dell’avvento definitivo della Sister Minore (il colpaccio riuscì nel 2011) e anche l’ultima ad averla battuta su questi campi. Ma Flavia sa come prenderla. Soprattutto, da che parte… Quella del rovescio, sul quale la Penna lavora e sferruzza instancabilmente, finché Samantha non si ingarbuglia, obbligata a portarsi di gran carriera sul dritto pur di tentare qualche replica. Con altre il gioco riesce, seppure vi sia da soffrire, con Flavia meno, perché sa replicare con il suo rovescio ai colpi arroventati del dritto dell’australiana, e perché sui turni di battuta si dispone con bella aggressività a cogliere tutte le occasioni possibili.

Partita perfetta quella di Flavia, poco da dire. Un break nel primo set sul tre pari, e poi sempre avanti nella seconda frazione, nella quale Sam ha dovuto salvare il salvabile sui suoi turni di battuta per non rendere le cose persino troppo agevoli all’azzurra.

E sono due, le ragazze italiane ai quarti. Era già successo tre volte, ma qui l’elemento trainante del gruppo diventa Roberta Vinci. Nel 2012 furono Errani e Vinci, le prescelte. Nel 2013, Vinci e Pennetta. Come in questo 2015. Fra le due, proprio Robertina potrebbe avere il quarto più facile. Flavia attende Kvitova, Roberta sa già che dovrà vedersela con Kristina Mladenovic, francese, doppista come lei, alla prima volta così in alto in uno Slam. «Spero sia la volta buona, alla mia età una semifinale sarebbe un regalo formidabile, l’aspetto da una vita», dice la Vinci, che di buona sorte ne ha già ricevuta con il ritiro della Bouchard, dopo la caduta nello spogliatoio (qualcuno ha sparso la voce che la canadese fosse insieme con Nick Kyrgios, al momento della planata sul muro della stanza, ma l’ipotesi sembra a dir poco fantasiosa… Vi pare possibile che da queste parti, dove controllano anche le pochette nel taschino della giacca, facciano entrare un giovanotto negli spogliatoi delle ragazze?). «Siamo due doppiste», prosegue Roberta, «dunque conosciamo bene certi tipo di schemi. Lei è in grande spolvero. Sarà un match particolare». Magari anche divertente. Speriamo.

 

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