US Open: il tennis non è uno sport per ragazzini… o forse sì?

 

TENNIS – US OPEN – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Si fa un gran parlare, negli ultimi anni, della difficoltà dei giovanissimi tennisti ad imporsi al top: il livello atletico è decisivo, si matura più tardi, tutte verità a volte usate forse come scuse, però. Questi US Open hanno visto una massiccia presenza di “teen-ager” dalle grandi promesse. Che sia semplicemente saltata una generazione?

Zverev, Rublev, Tiafoe, Tommy Paul, Ymer, Chung, per non parlare degli ancora giovanissimi Kokkinakis e Kyrgios, che ormai giocano stabilmente i tornei del circuito ATP. La presenza di teen-ager agli US Open quest’anno è stata davvero folta, e nessuno di loro ha davvero sfigurato.

Di Kyrgios nelle scorse settimane si è parlato tanto, forse troppo: un giocatore che ha sbagliato ma che definire “bad boy” sembra davvero esagerato. Probabilmente l’educazione non è delle più corrette, probabilmente è troppo vulcanico e sicuramente ha mancato di rispetto ad avversario e diretti interessati. Da qui ad etichettarlo come un delinquente criminale (si è arrivato anche a questo sui social, sì) ed augurarsi che lo si eviti come la peste bubbonica ce ne passa e al solito il pubblico sa essere esagerato in un senso o nell’altro. Ad ogni modo era chiamato ad un impegno difficile, proibitivo contro Andy Murray, giocatore che per caratteristiche tecniche e tattiche probabilmente Kyrgios soffre di più tra i top players. Lo spettacolo non è comunque mancato e ha anche strappato un set allo scozzese; per un quasi ventenne che gioca a tennis seriamente solo da sei anni, non male.

Kokkinakis invece deve lavorare ancora di più sul fisico: il suo è un tennis tecnicamente molto pulito e ormai anche gli schemi stanno andando a posto, la testa è lì e qualche chiletto in più di muscoli c’è; tuttavia ha finito con i crampi un match di primo turno molto equilibrato contro Gasquet (che in questo senso non è certamente Djokovic), dovendo rinunciare nonostante abbia provato fino alla fine. Andy Roddick su twitter è stato chiaro: “Si dovrebbe parlare di più di quanto l’idratazione e una dieta corretta aiutino a non avere questo tipo di problemi”. Anche Thanasi imparerà, come ha fatto con tutto il resto.

Zverev e Rublev sono ancora più piccoli eppure il talento appare cristallino e hanno davvero rischiato di vincere o comunque hanno lottato fino alla fine contro Kohlschreiber e Anderson. Due “sfacciati”, senza paure, timori reverenziali, con due rovesci bimani precisi e perfino belli da vedere. Non disdegnano il tocco, menano appena possono. E sembrano davvero pronti, guardandoli nei tornei dello Slam e in quelli ATP, ormai al professionismo perenne, nonostante siano usciti l’altro ieri dagli juniores.

Ymer ha passato le qualificazioni a Flushing Meadows e Chung (quello della finale Wimbledon juniores persa contro Quinzi, sì) è addirittura al secondo turno.

Dopo anni di attese e anche se la media attuale dei top ten risulta comunque alta, il tennis sembra essere tornato uno sport per giovani. Certamente le qualità atletiche sono toste da acquisire, così come è vero che la maturazione di una persona e di conseguenza di un giocatore al giorno d’oggi arrivi dopo per questioni sociali; tuttavia basta lavorare bene e avere il carattere adeguato alla situazione. In questo senso i “Lost Boys” della generazione Dimitrov, per capirci, hanno mancato l’occasione. Da giovani, almeno. Si sono persi nella normalità e nella paura di non essere all’altezza.

 

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