Lo strano caso di Djokovic: batte i rivali in campo ma non nella Storia

Novak Djokovic ha vinto il suo terzo Wimbledon, il nono torneo dello Slam. In stagione ha subito solo tre sconfitte, una delle quali gli è costata il probabile Grande Slam; ha battuto Nadal al Roland Garros (solo Soderling ci era riuscito) e Federer due volte a Wimbledon. Eppure potrebbe non raggiungere mai i rivali nei loro migliori record. Vediamo perché.

E’ il numero uno, non c’è alcun dubbio. Indiscutibilmente, al momento ma ormai da tempo, il più forte e dominante giocatore al mondo. Di Novak Djokovic si può parlare soltanto bene: dopo aver conquistato il terzo titolo ai Championships eguagliando il suo mentore Boris Becker, vincendo il nono trofeo dello Slam. A 28 anni.

Quest’anno ha battuto i rivali, grazie i quali ha lavorato tanto e si è migliorato, nei loro storici luoghi preferiti: Nadal a Parigi, dove fin qui aveva perso solo da Robin Soderling e Federer a Wimbledon, dove lo svizzero ha fin qui collezionato 7 trofei. Battuti anche in maniera convincente.

Sconfitte? Poche, pochissime. Tre fino a questo punto: a inizio anno a Doha contro Ivo Karlovic, Federer a Dubai in finale e ultima, sanguinosissima, contro Stan Wawrinka in finale al Roland Garros. Sanguinosa perché gli è costato un Grande Slam che sarebbe stato storico, un traguardo che né Federer né Nadal, nei loro anni migliori, sono riusciti a raggiungere. Se Djokovic avesse vinto a Parigi, come Serena Williams adesso sarebbe in attesa degli US Open per sferrare un ultimo attacco alla leggenda. Come Rod Laver. Può riuscirci negli anni successivi? Certo non sarà semplice. Gli anni passano anche per lui e altri rivali arrivano.

Invece no, invece il destino, gli dei del tennis, la fatica e l’imprevedibilità dello sport hanno deciso che nemmeno questo era l’anno giusto. Quando Djokovic nel 2011 disputò una stagione straordinaria, chiunque credeva fosse unica, irripetibile. Il 2015, da papà per giunta, sembra anche meglio, fin qui.

Alla pari negli scontri diretti con Federer (era indietro  6-13) e a sole due vittorie dal pareggio con Nadal (era molto indietro anche con lui), ha lavorato in maniera perfetta per diventare più forte di loro, per superarli in campo. Lo stesso Federer, non molto tempo fa, disse di Novak: “Non credo che ci sia stato nessuno in questi ultimi anni che abbia lavorato quanto Nole e si sia migliorato così tanto. La sua volontà è stata visibilmente feroce”. Un apprezzamento da parte di chi ha vinto 17 Slam. E Djokovic? Arriverà a 17? Probabilmente no. Ai 14 di Nadal? Difficile, anche se non impossibile.

Questi sono gli anni migliori della sua carriera, di un tennis fatto di corsa e colpi profondi, di nessuna lacuna e di pochissime (o quasi nulle) debolezze:è superiore a Federer, malgrado abbia meno talento dello svizzero -parole dello stesso Nole dopo la vittoria a Wimbledon – e superiore a Nadal che ha quasi emulato quanto a tipo di gioco, con le dovute, importanti differenze, naturalmente.

E’ più forte adesso ma probabilmente, alla fine della carriera, sarà ricordato come chi ha superato due mostri in un’era tennistica a dir poco proibitiva e avrà contro di loro vinto più confronti ma nei record, nella Storia del tennis, miracoli a parte che siamo qui ad aspettare e in caso ad accogliere positivamente, sarà probabilmente un gradino sotto i suoi rivali di sempre.

E’ un caso curioso, un caso forse unico. Ma Djokovic ha ancora il tempo di smentirci. Noi e la Storia del tennis.

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