Ace Cream / Disfatta Italia contro il Kazakistan in Coppa Davis. Ora chi ha sbagliato, paghi

TENNIS – Di Daniele Azzolini

Questo non è il momento della riprovazione pubblica, delle accuse per sentito dire, delle contumelie pressapochiste verso quello o quell’altro. Non è il momento di addossare al solo Fognini tutte le colpe, e non è neanche il momento di cavarsela con i soliti, generici… «Ma come si fa a perdere contro i kazaki?».

In casi come questo, sono tutti colpevoli. Tutti, nessuno escluso. Di fronte a un match che il punteggio indicava ormai come possibile, e a una grande occasione persa proprio nel momento in cui il tennis italiano segnava il miglior inizio di stagione da molti anni a questa parte, c’è poco altro da aggiungere.

Questo è il momento di capire, e di tirare le somme. C’è chi ha questo incarico? Lo faccia, se ne è capace, e poco importa che cosa possa pensare io, o migliaia di altri appassionati di tennis, su quelle presunte capacità.

Il compito del giornalista è di sommare i fatti. E i fatti sono questi:

1. L’Italia al maschile e quella al femminile hanno perso più o meno allo stesso modo. Nel finale di una gara che comunque vedeva gli azzurri in vantaggio. Due a zero sulla Francia delle donne, 2-1 sul Kazakhstan della Davis. Poi qualcosa è franato. Dentro i tennisti, prima di tutto. Ma anche dentro l’organizzazione sulla quale si fonda una squadra di Coppa. A proposito… Qualcuno si è accorto che la superficie di sabbia rossa, scelta a Genova, era la più sbagliata fra tutte?

2. Fognini aveva chiesto da dieci giorni di non giocare questo incontro. Vi sono tanti modi per dirlo, e uno di questi è dichiarare che i compagni erano più meritevoli di lui, e sottolineare come, sulla superficie indoor, avessero ottenuto buoni risultati mentre lui era in altre faccende affaccendato, come battere Nadal nella semifinale di Rio. Ma Fabio aveva avvisato, lo aveva detto… Evidentemente si sentiva nei giorni dello scarico, quelli che spesso seguono a una bella impresa. E la Davis, si sa, è dispendiosa, di energie e di neuroni.

Fognini ha giocato il doppio con Bolelli, lo ha vinto, il suo punto alla squadra lo ha portato. Era il caso di farlo giocare l’ultimo match? E di togliere a Bolelli la fiducia che gli era stata data nella prima giornata?

3. Ma contro Nedovyesov, direte voi… Il numero 130 del mondo. Come si fa a preoccuparsi di uno così?

Non è ‘Nedo’, il problema. È la Davis. È il pubblico che ti urla contro. Sono gli arbitri che, anche se non commettono errori, ti viene da pensare che lo facciano. E a bella posta, per giunta. La Davis dei ribaltoni, dove Kukushkin diventa Batman, e schiaccia in tre set prima Bolelli e poi Seppi, dall’alto – figurarsi – della sua 58ma poltrona ATP. ‘Kuku’ che riporta in parità il match prima che i capitani decidano di affidarsi a Fogna e Nedo… Forse, un risultato su cui conveniva soffermarsi un attimo, quello del numero uno kazako. Perché la facilità con cui ha spazzato via prima Simone, poi Andreas, poteva indurre a ritenere che non fosse Bolelli il colpevole del primo punto perso, bensì fosse opera meritoria di un Kukushkin presentatosi a questo appuntamento con tutte le divinità dell’Olimpo tennistico schierate dalla sua parte.

4. Chi ha consigliato a Fognini di “tenere la palla in campo”, in quell’orrido quinto set che è costata la ghirba alla squadra azzurra? Certi consigli vanno bene quando si è sotto, quando c’è da allungare i tempi della disputa, quando occorre far sapere all’avversario che dovrà spendere ogni oncia di energia per venire a capo del match. Ma non vanno più bene quando il punteggio cambia. Quello è il momento, anzi, di rimarcare la differenza, e di colpire duro, non di continuare a “tenere” i colpi. Invece Fognini ha tenuto. Un po’ troppo. E l’altro, ‘Nedo’, ha ritrovato le direttrici giuste, forzandole.

5. Vinto il doppio, troppe inutili dichiarazione sugli errori arbitrali. Le avessero fatte a fine match sarebbe stato più comprensibile, ma al termine della seconda giornata ci stavano come il cavolo a merenda.

Se questi sono i fatti, qualcuno nella squadra, nella direzione della squadra, nello staff, nella federazione che si appropria spesso di risultati non suoi, deve pagare. Non sta a me indicare chi siano i colpevoli, anche se ho le mie doverose certezze, in proposito. Dico solo che l’occasione sprecata, in un anno che vedrà la Davis disertata dai tennisti più forti, e dopo la semifinale meritoriamente guadagnata lo scorso anno, è di quelle troppo grosse per passare sotto silenzio.

 

 

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