Wimbledon: Principessa Sharapova, c'è una maledizione da cancellare

TENNIS – WIMBLEDON – DI RICCARDO NUZIALE – Nessun problema all’esordio per Maria Sharapova, che ha annientato 61 60 la giocatrice di casa Samantha Murray. Per la seconda volta in carriera Masha potrà tentare un’impresa che in campo femminile non riesce dal 2002: vincere nello stesso anno Roland Garros e Wimbledon.

La carriera Slam di Maria Sharapova rappresenta un’anomalia. Per quanto lì vi abbia raggiunto il primo quarto di finale major in carriera, nel 2004, era opinione comune nonché sua che la terra rossa del Roland Garros non facesse per lei; tanto che la prima finale raggiunta a Parigi porta l’anno 2012, a ben cinque anni di distanza dall’ultimo battesimo, quello australiano (dove avrebbe vinto l’anno successivo, nel 2008). Ora il Roland Garros è lo Slam dove vanta i numeri migliori, con tre finali consecutive, di cui due vinte (senza dimenticare la semifinale 2011).

Al contrario, con i due Slam che hanno sancito la sua esplosione, Wimbledon e gli US Open, Masha ha un rapporto piuttosto conflittuale. Nel torneo della “madrepatria”, dopo il trionfo 2006, la semifinale raggiunta nel 2012 (dove venne piegata in rimonta da Vika Azarenka) è l’oasi nel deserto, l’eccezione in un cammino di passi zoppi: tre terzi turni, un ottavo, due assenze.

Sui prati che proprio dieci anni fa la elessero nuova regina del tennis, il rendimento è stato altrettanto contraddittorio. Ottimi risultati nel biennio successivo al trionfo, con altrettante semifinali (ko con Venus e Mauresmo), la finale del 2011 persa con Petra Kvitova, ma anche un rosario di lacrime, con tre ottavi e tre secondi turni.

L’anno scorso, la netta sconfitta con Michelle Larcher De Brito (che oggi si è confermata giocatrice da prendere assolutamente con le pinze, sull’erba) sancì l’iniziò di un durissimo periodo di problemi fisici, nebbia mentale e risultati non soddisfacenti: la prova fulminea e fulminata con Jimmy Connors, il 2013 finito già in estate, il rientro sul cemento con risultati discreti ma non alla sua altezza.

Oltre un rapporto con il primo amore che sembra pieno di incognite, a rendere ancora più obnubilante la testa della russa c’è una maledizione che colpisce il circuito femminile da 12 anni, dal 2002. Quella fu l’ultima stagione infatti in cui una giocatrice, per l’esattezza Serena Williams, è riuscita a far propria la doppietta Roland Garrow-Wimbledon. Un’impresa riuscita tre volte agli uomini, in questo lasso di tempo (Nadal 2008-10, Federer 2009).

Un fatto che stupisce se si considera che tale impotenza da parte delle grandi del tennis femminile è coinciso con l’avvento della famigerata standardizzazione delle superfici; un fatto che sconcerta se si pensa che nell’Era Open tale impresa è riuscita diverse volte proprio quando il passaggio dal mattone parigino ai ciuffi verdi londinesi era molto più traumatico di quello odierno: quattro volte negli anni Settanta (Margaret Court nel 1970, Evonne Googalong nel 1971, Billie Jean King nel 1972, Chris Evert nel 1974), tre volte negli anni Ottanta (Martina Navratilova nel 1982 e nel 1984, Steffi Graf nel 1988), altrettante negli anni Novanta (ancora la Graf per tre volte, 1993, 1995, 1996). Infine, appunto, Serena Williams, che nel 2002 incastonò le prime due pietre del “Serena Slam”.

Eppoi? Solo insuccessi. Spesso nettissimi, a differenza di quanto successo in campo maschile, con Rafa Nadal capace di arrivare a un passo dalla doppietta anche nel 2006, nel 2007 e nel 2011, con Roger Federer capace di raggiungere entrambe le finali per quattro anni di fila (2006-9) e fare semifinale-vittoria nel 2005 e nel 2012.

In campo femminile la campionessa del Roland Garros, cambiate le scarpe e pronta a giocare sull’erba, nell’ultimo decennio è stata molto raramente protagonista e, come detto, mai vincitrice.

Senza alcun dubbio la più vicina a centrare la doppietta è stata Justine Henin, che in tre delle quattro occasioni in cui si è presentata da “aspirante doppista”, è arrivata vicina a quel piatto da sogno che però le è sempre sfuggito. Nel 2003 in semifinale dovette suo malgrado accettare la feroce vendetta di Serena Williams, sconfitta nella semi parigina con un famoso episodio controverso a metà terzo set; nel 2005 perse invece al primo turno contro la greca Daniilidiou; nel 2006, anno in cui raggiunse tutte e quattro le finali Slam, dovette arrendersi a forse l’unica giocatrice capace di tenerle testa quanto a talento puro, Amelie Mauresmo; nel 2007 forse la sconfitta più brutta della sua carriera, in semifinale contro Marion Bartoli, una partita inizialmente dominata e finita come il più straziante degli incubi.

Le altre campionesse francesi hanno ottenuto risultati molto più modesti. Nel 2004 la Myskina fu eliminata al terzo turno dalla statunitense Frazier; stessa sorte per Ana Ivanovic e Svetlana Kuznetsova, campionesse 2008 e 2009, sconfitte rispettivamente da Zheng Jie e Sabine Lisicki; peggio fecero Francesca Schiavone e Na Li nel 2010 e nel 2001, fuori al primo turno contro Vera Dushevina e al secondo, ancora una volta con Sabine Lisicki. Tedesca che si è confermata bestia nera delle campionesse parigine eliminando agli ottavi di finale nel 2012 la Sharapova e nel 2013 Serena.

Sia Serena (che non batte da 10 anni), che la finalista 2013 dei Championships sono sul cammino di Masha. Batterle entrambe, tornare ad alzare quel piatto che l’ha fatta conoscere al mondo e sfatare il tabù che assilla il tennis femminile da più di un decennio…sarebbe un’impresa da copertina forse troppo grande anche per la signora delle copertine.

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