Nadal, i tormenti di un guerriero ferito

TENNIS – Di Diego Barbiani

Con l’avvento della terra rossa i primi due trofei, Monte Carlo e Barcellona, erano di proprietà di Rafael Nadal da ormai due lustri. In questa curiosa prima parte del 2014 però non accenna a fermarsi il trend che vede spazio per giocatori rimasti fino ad ora nascosti, oscurati dalla grandezza dei campioni assoluti.

Così succede che nei due tornei suoi per antonomasia, o quasi, il maiorchino sia scivolato per due volte contro dei connazionali. David Ferrer e Nicolas Almagro poi non sono due tennisti qualunque. Avrebbero tantissime storie da raccontare nelle loro sfide contro il n.1 al mondo.

Ferrer, per esempio. Avrebbe avuto una carriera da assoluto protagonista in Spagna, n.1 della propria nazione, punto di riferimento per la sua generazione e quella seguente. Però è arrivato Nadal, battuto già con molta fatica al loro primo incrocio sulla terra a Stoccarda nel 2004. Da lì in poi avrebbe lasciato strada in diciotto occasioni consecutive (su questa superficie) prima del successo nel Principato.

Almagro invece non aveva mai potuto assaporare la gioia del successo. Lui proveniva da dieci sconfitte consecutive, alcune delle quali clamorose come quella più volte ricordata di Parigi-Bercy 2009 quando un Nadal a mezzo regime seppe recuperare da 3-6 5-6 0-40 e 3-5 nel terzo set. Troppo incostante e troppo scellerato tatticamente per poter reggere le difficoltà che comportano affrontare un giocatore così tenace.

Invece oggi la storia racconta di due successi diversi, nel risultato, ma che lanciano un punto interrogativo su cui si discuterà tantissimo: Nadal sta vivendo un periodo di crisi?

Parigi è ancora lontana. Non troppo, ma verrà dopo l’accoppiata Madrid-Roma in cui già si dovrebbe assistere ad un gioco migliore. I problemi sono facilmente rintracciabili nel dritto, che in entrambe le partite è stato corto o troppo falloso, e nel servizio non sempre all’altezza. La palla break che lo avrebbe riportato in parità nel set decisivo contro il murciano ancora grida rabbia: era una situazione comodissima dove Almagro aveva lasciato lo spazio per un dritto al volo in lungolinea ma incredibilmente la palla viene colpita con il telaio e si ferma senza neppure raggiungere la rete.

Su internet qualcuno azzarda l’ipotesi che dopo un anno inimmaginabile come il 2013 ora stia tirando il fiato. In effetti è inusuale vederlo alla fine di Aprile con soli due tornei conquistati, perlopiù l’Atp 250 di Doha ad inizio anno (con tutte le variabili del primo torneo della stagione) ed il 500 di Rio de Janeiro, in un periodo dove i big erano a riposo dopo la trasferta australiana. Soprattutto, però, ci sono da registrare sconfitte a cui Nadal non aveva abituato i suoi tifosi. Oltre alle due già citate c’è quella rimediata ad Indian Wells da Dolgopolov o quella in finale all’Open d’Australia da Wawrinka (sebbene i problemi alla schiena siano una variabile da non trascurare).

Volendo assumere una cartina di tornasole, al momento risulta essere il quarto giocatore al mondo nella Race dietro a Federer, Djokovic e lo stesso Wawrinka. Numeri buoni, ma non da scacciare voci, allusioni o ipotesi circa un suo momento complicato. Soprattutto perché le ultime due sconfitte sono giunte contro altri spagnoli, dopo che solo una volta nelle precedenti sessantotto sfide su terra rossa era uscito sconfitto.

Un raffronto con lo scorso anno è difficile, ma può essere utile analizzare come anche nel Marzo 2013 rischiò di uscire quasi subito da Indian Wells, quando fu a due punti dalla sconfitta contro Gulbis. Si salvò, poi vinse senza ulteriori patemi il torneo. Quest anno invece le difficoltà si sono rivelate insormontabili anche per demeriti suoi, perché nella partita contro l’ucraino reagì magnificamente quando si trovò sotto 5-2 nel terzo set ma sul 5-5 del tie-break sbagliò un incredibile dritto da metà campo. Questione di centimetri, di fiducia, di tasselli del puzzle che ancora devono incastrarsi alla perfezione nel suo tennis così fisico, dispendioso e difficile da applicare in maniera continuativa per troppo tempo.

Queste sconfitte, inoltre, dimostrano come lui negli ultimi anni debba essere sempre al massimo delle sue potenzialità per non incappare in sconfitte – per lui – evitabili. Soprattutto alla soglia dei ventotto anni, dopo aver chiesto tantissimo al proprio corpo.  Lo fece capire anche dopo la sconfitta contro Ferrer: «non sono mai riuscito a trovare soluzioni per capovolgere la partita», segno che appena manca quel qualcosa deve faticare per uscirne indenne. Alle volte riesce, altre no.

E’ bene comunque riporre nel cassetto i proclami di crisi. I momenti complicati nella carriera degli atleti ci sono. Nadal non è l’ultimo arrivato, conosce momenti simili perché li ha vissuti in prima persona e meglio di tutti – probabilmente – saprà cosa sia giusto fare per dare una sterzata importante.

Le sconfitte a Monte Carlo e Barcellona ovviamente fanno rumore. Due indizi ci dicono che Nadal non è ancora quella macchina perfetta creata per demolire ogni ostacolo sulla terra (rossa) tra lui ed i trofei. Un indizio ulteriore si avrà tra Madrid e Roma dove, tra le altre cose, deve iniziare a guardarsi le spalle visto che ad oggi ha meno di duemila punti di vantaggio su Djokovic. Parigi comunque è lontana, ed in una sfida al meglio dei cinque set Nadal può avere ancora molti assi nella manica.

 

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