Belinda Bencic, talento e cognome da predestinata

di Sara di Paolo – TENNIS. Partendo dalla “Predestinazione” degli Stoici, fino al “Libero Arbitrio” filosofico e teologico, siamo da sempre stati abituati a credere che tutto quello che ci succede o che raggiungiamo, sia collegato per una serie di motivi alla volontà di qualcuno. Che sia la nostra, oppure di chi per noi. Così quando nasce un nuovo talento (nel tennis, come in tutti gli altri sport); ecco che subito viene aperta la gara a chi riesce a trovare più comparazioni, o meglio ancora più previsioni da vedersi concretizzare. Per Belinda Bencic è accaduto lo stesso.

Dietro alle sue origini, o al cognome con il finale in “ic” (che la carica di raffronti con le varie Jankovic, Ivanovic, ecc.), sono già anni che si cercano di scovare statistiche e segni appetibili, che la ricolleghino a un qualche “passaggio di testimone” che forse non c’è o non ci sarà mai (o quantomeno allo stato attuale, ancora senza smisurate materializzazioni concrete). O quasi.

Certo è, però, che finora non si può indubbiamente dire che non sia nata sotto una buona stella. Nome di famiglia che sottolinea le radici ceche (ereditate dal padre Ivan) e la Primavera di Praga che la porta a nascere in un angolo della Svizzera orientale; quello di Flawil (nel Canton San Gallo per essere precisi). 

1 metro e 73 di altezza, fluidità di colpi e buona velocità di palla, che vanno poi a unirsi ai sacrifici di una vita. Quelli che derivano da un’ispirazione trovata dal papà, dopo una vittoria della Hingis in uno Slam. Nel 1997, prima ancora che lei stessa nascesse.

Con un nonno ex giocatore professionista di Hockey su ghiaccio e punta di diamante del HC Slovan Bratislava; la diciassettenne a quanto pare, lo aveva chiaramente già segnato nel DNA questo destino da “fuori classe”. Così, se poi vogliamo aggiungerci anche la spensieratezza derivata da una certa sicurezza economica, o la fortuna di aver potuto giovare di consigli provenienti da nomi decisamente illustri…

Beh, come non dare per scontato allora il suo “bruciare le tappe”? Aveva solo 5 anni, nel momento in cui mise piede nel sacrario del tennis mondiale amministrato da Nick Bollettieri. 7 mentre la sua famiglia, decise di farla allenare a tempo pieno dalla “mamma/coach elvetica” per antonomasia, Melanie Molitor. Appena 11 all’arrivo dei suoi primi consensi; e 15 quando cominciò a essere considerata la giocatrice più promettente, tra le ragazze della sua età.

Questa settimana Belinda occupa la 91esima posizione del ranking mondiale. Di strada da quando colpiva le prime palline in un campo di fronte a casa, ne ha fatta. E anche tanta. 4 turni di qualificazioni (brillantemente superati nell’esordio Slam targato Australian Open), 2 match di singolare conquistati nel debutto in Fed Cup contro la Francia; e una prima semifinale in un torneo WTA, che a Charleston l’ha vista trionfare su una Sara Errani testa di serie numero tre del tabellone. Tutto questo, solo nella prima parte di quest’anno.

Costei è la Bencic. Non “la nuova Hinghis”, come piace soprannominarla a molti, ma una ragazzina che affronta le conferenze stampa con un’indubbia spontaneità (propria solitamente, di chi si siede sopra a quelle poltrone da anni). Un’adolescente piena di sogni nel cassetto come tante.

Come tante, ma non proprio come tutte (a confermarlo i vari sponsor firmati Rolex, Adidas, Yonex o Cornèrcard). Ecco chi è. Il futuro poi… sicuramente può essere suo e probabilmente lo sarà. Solo che per scrivere la storia con 5, 10, 15 vittorie che contano, spesso occorre essere “utopia”. Occorre andare avanti per steps. 

E questo Belinda lo sa e lo fa. Questo è quanto ci auguriamo e le auguriamo persista a fare. Per continuare a essere “semplicemente” Belinda. Per arrivare a raggiungere il podio più alto della scalata internazionale, come tanto vorrebbe.

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