Murray, le difficoltà del rientro e l'allergia alla terra rossa

Di Andrea Scodeggio

La stagione tennistica 2014 sta entrando sempre più nel vivo della competizione ed ha già riservato parecchie sorprese. Abbiamo tutti negli occhi le emozioni dell’Australian Open ed è già bastato questo slam per cancellare un 2013 piuttosto monocorde ed avaro di adrenalina, fatta eccezione per Wimbledon. Tra tutto, però, ci è rimasto un punto interrogativo, un dilemma ancora da sciogliere. Bene o male le condizioni fisiche dei top le abbiamo testate e comprese, ma ancora ci resta da comprendere la condizione di un tennista: Andy Murray.

Il britannico, ex pupillo protetto ed allenato dalle amorevoli cure di mamma Judy e da qualche anno nelle mani dell’ex campione Ivan Lendl,  è oggetto di interesse poiché ancora non si conosce bene l’entità della sua condizione dopo il rientro dall’infortunio alla schiena, ed anche perché sarà il pericolo maggiore per l’Italia nella sfida dei quarti di finale di Coppa Davis.

Detto della schiena e del lento recupero per tornare ad una condizione fisica accettabile, aggiungiamoci pure che dopo l’Australian Open ha giocato a Rotterdam dove ha comunque sofferto la freschezza atletica del giovane Dominic Thiem ed ha ceduto nei quarti a Marin Cilic, avversario contro cui aveva perso solo negli ottavi di finale dello US Open 2009. Ora prenderà parte alla prima edizione del torneo di Acapulco sul cemento, in vista poi degli impegni ben più probanti dei due Master1000 nord-americani: Indian Wells e Miami (dove è campione in carica).

Bisognerà comprendere come si comporterà in questi tornei, per stabilire una seria diagnosi sulla sua salute. Solo dopo, potremmo capire se sarà pronto a sostenere anche l’inizio della parte di stagione a lui meno congeniale: la terra rossa. Basta scorrere la sua bacheca per stabilire come la sua sia una vera e propria allergia, o quantomeno una repulsione piuttosto forte. Zero trofei vinti sulla terra e la sola semifinale del 2011 al Roland Garros come risultato massimo. Uno score che si potrebbe paragonare ad un elettrocardiogramma piatto, senza nessuna speranza di salvataggio.

D’altra parte invece abbiamo i nostri italiani, che sulla terra giocano sul velluto e fanno incetta di trionfi. Uno solo, a dire il vero, sta incantando e facendo pensare ad una possibile impresa ad aprile: Fabio Fognini.

Escluso Seppi, che sta collezionando sconfitte ai primi turni come se fossero figurine panini, Il nostro italiano non si è fermato dopo l’Australia ed ha continuato a giocare, con grandi risultati. Tre punti decisivi nella partita contro l’Argentina in Coppa Davis, vittoria da numero uno del torneo a Viña del Mar, finale persa da Ferrer a Buenos Aires  ed infine i quarti di finale a Rio de Janeiro. Un curriculum prestigioso e da far sperare anche il meno ottimista degli italiani, specie se prendiamo in considerazione il fatto che Andy non disputerà nessun torneo sulla terra prima della sfida in terra italica.

Il Fogna si è ben preparato e da sempre è la terra, la sua superficie. Quello che esalta il suo talento e dove può mettere maggiore pressione al britannico. Adesso ha optato per una pausa, evitando l’incrocio sul cemento ad Acapulco, dove avrebbe dovuto partecipare. La scelta del forfait è dovuta dalle tre settimane di tour de force in giro per il Sud America. Andy, invece, è più fresco e riposato, ma ha necessariamente bisogno di saggiare la sua condizione sul cemento, per poi puntare forte ai Master 1000 (dove il nostro Fognini non ha punti da difendere e non predilige come superficie).

Fra meno di due mesi ne sapremo veramente di più, sperando che la superficie rossa continui ad essere, per il britannico, l’elemento di maggior fastidio e poca continuità del suo straordinario tennis.

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